lunedì 12 marzo 2007

Anna Maria Fabiano in italialibri.org

Iomare di Alessandra Palombo

di Anna Maria Fabiano

«Mai ho visto una prima volta il mare, di pochi giorni mi posarono sull’onde».


Questo accade a chi nasce vicino al mare, quasi parte di esso: così è per Sandra Palombo, membro del comitato direttivo del Centro Nazionale di Studi Napoleonici e di Storia dell’Elba, che si sente isolana e che affida ai gabbiani e alla salsedine della sua Isola la storia di se stessa, delle sue emozioni e del suo crescere tra umori e naufragi, zattere e gabbiani, fughe e ritorni.


E orizzonti da solcare, attraverso la mutevolezza della coreografia dei mari, che non a caso sono narrati al plurale.


Tra citazioni, stralci di articoli, meditazioni sul senso della poesia, sulla impossibilità di determinare una poetica che sia universale, se è vero, com’è vero che mare e poesia cercano, attraverso il logos, di fuggire la realtà e non di forgiarla, restando mutevolezza e trasformazione, Sandra crea le sue sezioni dal primo al settimo mare, accompagnandosi nella sua biografia affidata a un verso, a un ricordo, a una presagio, a una ricerca di astrazione calviniana nel proprio cantuccio, libero dalle pastoie dell’esserci senza fusione con lo spirito e la libertà dell’espressione.


Cerco me, nel mio mare,
per capire chi io sia

primo impatto con la propria interiorità, con una ricerca di consapevolezza, con una, strada, qual si voglia, con quei petali di seta che cadono su quelli veri, sogni su non sogni e bisogno di sapersi e di afferrarsi, lasciandosi salsedine.


Dietro le bacche ancora verdi
del cespuglio di agrifoglio
fiuto una presenza…

e il mare culla l’incertezza, forse a volte la fa palpabile ma altre volte ti è compagno di fughe e di rifugi segreti, nelle nenie del vivere.


Dal mare ho appreso a rispettare il vento: ambivalente il mare, vita e morte allo stesso tempo, scoperta e sogno, ma anche attrazione nel gorgo e canto di sirena che aspira voluttuosamente la logica del viaggio.


Tre ragazze in vestaglia
la sera spiluccavano, al buio
testi indigesti e vino pugliese

fuggire e cercare altro, sognare di andare via, di liberarsi d’una prigione galleggiante per mestiere, ché isola è distacco e allo stesso tempo è forza d’attrazione; fuggire, per tornare, per dirigere la nave verso e contro…per confondere la poppa con la prua e il lontano con il vicino.


Tra l’ululare dell’antica pietra,
arrancava la donna

donna di mare, che si rifugia sotto un copriletto di pioggia, e conchiglie, libri, falò, corpo che si fascia di corpo per percepirsi e sapersi donna, persa in tremule fantasie, passione e sospiro, àncora e umida veste di sabbia e di sole che si fonde alla terra.


D’un tratto,
un banco di nebbia
indebolisce la luce.


Dimenticanza, novelle orientali, evasione e fantasia, il tempo che si contorce in se stesso, passato presente futuro senza dicotomia o passaggio; tutto si perde in una sensazione ovattata, fatta di marea, di massaggio dell’acqua e della foschia che appanna la consapevole percezione, di spuma e di deserto interiore, che si gonfia di vento e si tuffa nei gorghi.


Se la mia salvezza sta nel divenire sterile guscio d’ostrica, subdola murena, velenoso scorfano, m’inarco e m’immergo nel mio azzurro per riemergere in me.


È uno strano animale la donna dell’isola, è confine tra mare e cielo, è partenza, è ritorno, è vittoria e sconfitta; guarda l’orizzonte e alla fine è essa stessa orizzonte.


Splendide foto tratte dal libro La mia terrazza all’Isola d’Elba di Gloria Chilanti e il supporto saggistico e tecnico dei poeti Manrico Murzi, Giorgio Weiss, Luigi Cignoni e Tonino Bergera conferiscono al libro Iomare quell’aria di solennità e importanza che l’autrice merita per una poesia fatta di carne e di profondità d’animo, sensuale e mistica allo stesso tempo, e soprattutto vera, perché nata dal rapporto conciso e sistematico con la propria interiorità ed una vicenda umana di tormento e di partecipazione continua al vivere e al cucirsi addosso brandelli di vita come pezzi di un fantastico puzzle.

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